I vecchi proverbi possono essere applicati come allegoria a praticamente tutte le situazioni della vita. Nella particolare e travagliata fase che costituisce il fulcro delle argomentazioni di “Pillola Rossa”, ovvero l’apertura al cambiamento, bisogna secondo me tenere a mente il proverbio: “La strada verso l’inferno è lastricata di buone intenzioni”. Questo vale soprattutto all’inizio di questo processo, quando si spiegano le ali e ci si lascia andare, giustamente, all’entusiasmo dovuto al fatto di non giudicare già più “irraggiungibili” certe mete per noi, essendo piuttosto mossi da un crescente desiderio di iniziare a succhiare la vita fino al midollo: ci mettiamo a fantasticare su tutte le esperienze che in cuor nostro vorremmo vivere e rischiamo di commettere due errori grossolani che possono mandare tutto all’aria; due errori che, apparentemente, sono antitetici tra di loro, ma che in realtà rappresentano le due facce di un unico errore: quello di ossessionarsi con il cambiamento.
La prima faccia consiste nel mettersi a desiderare talmente tante esperienze da ritrovarsi impantanati e non riuscire a decidere da dove cominciare. Come quando improvvisamente fai entrare un bambino in una stanza piena di giocattoli: lui potrebbe mettersi a giocare per pochi secondi con ciascuno di essi, senza appassionarsi veramente a nessuno fino ad annoiarsi e lasciar perdere; oppure potrebbe perfino andare in crisi e, non sapendo cosa fare, mettersi a piangere e finire per scappare e rintanarsi sotto le gonne della mamma.
La seconda faccia, invece, consiste nell’incaponirsi su un’idea e ossessionarsi così tanto su di essa da concentrarvi tutte le proprie energie e far dipendere da essa il proprio buon umore. Purtroppo, la maggior parte delle volte, il tempo necessario per il raggiungimento dell’obiettivo è molto più lungo rispetto a quello desiderato, per cui finiamo per frustrarci e rinunciare, con tutto un corollario di scuse riparatrici e pensieri limitanti che raccontiamo a noi stessi per autoconvincerci che, in fondo, la nostra vita è questa e che non vale la pena soffrire per dei “grilli nella testa” che ci eravamo messi. Allora ci crogioleremo nella nostra ritrovata consapevolezza (leggasi: “comfort zone”) fino a quando la voglia di cambiare non si farà nuovamente strada in noi e dovremo ricominciare tutto daccapo.
Per questo è importante imparare a gestire queste emozioni per non vanificare tutto il processo, per fare in modo, appunto, che tutte queste bellissime idee non si trasformino nei ciottoli che lastricano la strada verso il nostro inferno personale.
Prima di tutto, dobbiamo fare mente locale sul fatto che, ci piaccia o no, il tempo a nostra disposizione su questo pianeta è limitato: ci saranno sicuramente più esperienze da fare, più posti da vedere e più stili di vita da adottare che giorni che ci rimangono da vivere. Non possiamo fare tutto.
In secondo luogo, non possiamo far dipendere la nostra felicità dal raggiungimento di un obiettivo: viviamo ogni giorno e non possiamo sapere se oggi sarà l’ultimo. È importante porsi delle mete, ma è altrettanto importante godersi il presente, prima di tutto per non buttare nell’immondizia ulteriori giornate (dato che sono limitate), ma anche perché la forza e l’entusiasmo per poter fare ogni giorno tutte le piccole mosse necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo e poter avere la pazienza di aspettare il tempo che, giocoforza, ci vuole affinché si realizzi, sgorgano solo ed esclusivamente se stiamo vivendo in maniera felice ogni attimo del cammino. La felicità non è l’obiettivo, è il modo in cui noi affrontiamo le cose, anche adesso, anche a partire da questo stesso momento in poi: è un’attitudine, non una chimera. Può sembrare impossibile, ma è così.
Terzo, e non meno importante, non si sa mai che sorprese la vita ci mette davanti: potremmo dover rinunciare agli obiettivi che ci eravamo posti per lasciare spazio ad altri eventi che non ci aspettavamo. Non si parla necessariamente di disgrazie, potrebbe trattarsi anche di occasioni bellissime ed irripetibili che sarebbe un peccato farsi sfuggire. Per questo bisogna trattare le proprie idee di cambiamento con costanza ma anche con leggerezza, lasciandosi trasportare dalla vita che potrebbe portarci in tutt’altra direzione. Non è assolutamente, come può sembrare, un pensiero di rinuncia, anzi! È, secondo me, la calzatura adatta per poter camminare su quello stretto sentiero in cui convivono la voglia di cambiamento e la pazienza necessaria per attuarlo, la voglia di realizzazione personale e la capacità di mantenersi lucidi e valutare ogni situazione con il necessario equilibrio.
Naturalmente questi pensieri sono animati da esperienze personali. Cercherò di essere breve (il fatto che poi ci riesca è un altro discorso).
Come ho avuto modo di accennare in un articolo precedente, qualche anno fa cominciai a sentire il bisogno di lasciare Mallorca e tornare alle mie latitudini (Udine e dintorni). Ci sono ragioni che affondano le loro radici nel mio modo di essere e nei miei gusti personali, che naturalmente si evolvono nel corso degli anni; ero venuto qui a Mallorca per cercare una realizzazione professionale (e personale, di riflesso) che a Udine non trovavo, ma anche per prolungare la mia giovinezza in un posto decisamente più dinamico e ricco di occasioni di divertimento spicciolo e casuale, in un’atmosfera cosmopolita e libera che mi faceva sentire in pace, svincolato dai condizionamenti della provincia italiana. Obiettivo centrato. Con il passare degli anni e il mio evolvermi come persona, mi sono ritrovato a sviluppare una percezione molto diversa di questo luogo: innanzitutto ho capito che non mi interessa il mare e che, anzi, il richiamo della montagna (che per fortuna qui c’è, anche se non somiglia nemmeno lontanamente alla “mia” montagna) si è fatto sempre più forte ed insistente. Ho capito che preferisco di gran lunga il freddo al caldo e ho bisogno di pioggia, almeno ogni qualche giorno: questo clima non fa per me. Poi, come se non bastasse, ha cominciato a starmi stretto questo ambiente che, nei miei anni di permanenza, si è sempre più svenduto al turismo di massa ed estremizzato in un’ottica “business-oriented” che mi fa sentire quasi di troppo su questo fazzoletto di terra: sembra che noi residenti siamo le scimmiette di uno zoo a cui i visitatori lanciano le noccioline; per otto mesi all’anno per noi non resta praticamente nulla: è tutto a servizio di terzi per un consumo volgare e impersonale, senz’anima. Ci sarebbe altro, ma cerco di farla breve. A queste ragioni si sono aggiunte quelle congiunturali del momento di depressione e senso di profonda “disubicazione” (neologismo?) in cui mi trovavo qualche anno fa, che facevano in modo che mi chiedessi ogni giorno “che cazzo ci faccio io in questo posto”.
Fu così che mi ossessionai con il cambio, giungendo agli estremi di spararmi maratone di documentari sulle montagne, su Udine, sul Friuli, sulla Carnia, sull’Everest, su tutto ciò che potesse farmi visualizzare il cambio tanto agognato. Risultato? Non potendo per diverse ragioni compiere quel passo nei tempi e modi desiderati (leggasi: subito) caddi in una depressione ancor più profonda fino a quando, per salvare me stesso e la mia sanità mentale, mi raccontai storie per riuscire a riagganciarmi alla mia routine, riuscendo a pensare che in fondo sono fortunato perché sto in uno dei posti più desiderati d’Europa, che centinaia di persone vorrebbero subentrare nel mio appartamento all’ottavo piano con vista mare immerso nel verde, che mi sono conquistato comunque la mia fetta di rispetto e considerazione sull’isola, che ho molti amici, che questa è casa mia da tanti anni, e tanti bla bla che, essendo comunque oggettivamente rispondenti a verità, mi hanno riportato “in pari” per un po’ di tempo fino a quando il desiderio è riaffiorato e l’altalena è ritornata a muoversi. Credo di aver vissuto questa oscillazione almeno quattro volte, fino a quando, leggendo, documentandomi, parlando con persone più esperte di me in materia, ho capito come gestire correttamente questa voglia di cambio.
Ci sono davvero tante cose che mi piacerebbe fare: mi attirano il Canada, la Patagonia e la Terra del Fuoco, l’Alaska, l’Irlanda, la Norvegia, le repubbliche baltiche… o Praga, come vivrei a Praga! Mi piacerebbe tantissimo anche buttarmi nella “vanlife” e tantissime altre cose, ma appunto, non si può fare tutto, sia per mancanza di tempo per fare effettivamente tutto, sia perché nel corso della vita si sono create situazioni che cozzano contro questi desideri, ma che si è capaci di soppesare con la dovuta serenità solo se, nel frattempo, si è sviluppata la capacità di vivere comunque felicemente ogni momento, ogni giorno a nostra disposizione. Per esempio, io ho cinque gatti: alcuni di loro hanno una certa età e hanno vissuto in casa tutta la vita, per cui l’idea di prenderli e metterli su un camper è decisamente impercorribile; di regalarli a qualcun altro non se ne parla, verranno con me dovunque andrò; è ovvio, però, che non posso nemmeno sballottarli per il mondo perché io voglio vivere un po’ qua e un po’ là, per cui serenamente mi ritrovo ad accantonare determinate idee che in una situazione diversa avrei potuto percorrere, ma a causa della responsabilità che ho verso queste vite che amo e che dipendono da me, non sono realizzabili. Tutto questo senza rimpianti o frustrazione: in serenità. L’obiettivo attualmente più raggiungibile per me resta il trasferimento sulle mie montagne, vicino a Udine o magari in Austria, in una bella casetta in mezzo al verde per me e i miei gatti, con la possibilità comunque di viaggiare e godermi tutti quegli altri bei posti che ho menzionato prima. Mica male, no? Potrei fantasticarci sopra tutta la sera, però adesso vado a bermi una birretta e fare due risate con un amico, perché anche la giornata di oggi qui a Mallorca deve essere bella e felice. A costruire passo dopo passo l’obiettivo montagna continuerò domani, serenamente.
E se dopodomani arriva qualcuno e mi offre una casa in mezzo alle bellissime colline di Mallorca, con un pezzo di terra, immersa nel silenzio, dove stare in pace con i gatti, anche se fa caldo? Si vedrà.
Ma il succo del discorso è che il cambiamento parte da dentro: cambi tu, anche senza muoverti. Ma soprattutto, senza ossessionarti. Una volta compreso questo, il resto è una sinfonia.