Avicii: può piacere o no il suo genere musicale: diciamo che a me il genere piace “ni”, ma le sue produzioni “SÌ” (e lo metto in maiuscolo): il mio background è legato alla musica elettronica da quando ero imberbe, da Alan Parsons Project, passando per i Depeche Mode e gli Erasure, in poi; successivamente sono passato alla musica House nelle sue sfaccettature più artistiche e meno smaccatamente commerciali, ma per circostanze della vita sono stato molto a contatto anche con la dance da classifica e ho sviluppato un naturale istinto che mi ha sempre permesso, pur non essendo il mio genere preferito, di distinguere le produzioni buone da quelle meno buone: le produzioni di Avicii sono molto, ma molto buone. Sono, forse, le uniche produzioni EDM (Electronic Dance Music) che non solo accetto, ma pure apprezzo molto, perché cariche di un significato artistico molto raro da trovare in questo genere, oggetto di speculazione massiccia da parte di tantissimi “produttori” (non so nemmeno se è opportuno chiamarli così) che lo hanno violentato, barbarizzato, umiliato fuori misura, ad uso di un pubblico che Sgarbi, chiamandoli “capre”, sarebbe troppo gentile.
Avicii no: lui era un puro. Amava la musica dance elettronica e si esprimeva con essa in modo magistrale, con tutta la passione e l’amore che animano un vero musicista. Perché la musica è musica, in ogni suo genere, e Avicii, al secolo Tim Bergling, la amava davvero. Tim aveva cominciato a produrre la sua musica preferita da ragazzino, tanto da farsi notare ed ammirare da produttori molto più navigati e famosi di lui. E non solo: Tim si è stato, sicuramente troppo presto, oggetto delle mire di managers senza scrupoli che hanno visto in lui la gallina dalle uova d’oro. Quel ragazzino, senza praticamente accorgersene, si è ritrovato invischiato in un sistema che, nonostante le sue grida di allarme, lo ha stritolato fino a consumarlo del tutto. Credeva di aver preso la pillola rossa, credeva di vivere come voleva, facendo ciò che amava. Purtroppo non era così.
La sua storia è ben raccontata nel documentario dedicato a lui che, sicuramente, non lascia indifferente nessuno, e meno ancora noi “addetti ai lavori”.
Inebriato dai primi anni di successi, nei quali ha vissuto al massimo e ha goduto dei privilegi che, in questo mondo di apparenza, per ogni persona anche solo un po’ “famosa” diventano di facile accesso, ha dovuto fare i conti, dopo l’euforia iniziale, con il suo reale carattere, la sua reale essenza, che volevano semplicemente che lui potesse creare la sua musica in santa pace e distribuirla al mondo senza dover essere costantemente in prima linea, posizione in cui non si sentiva a suo agio.
Però c’erano i contratti firmati, le penali, gli impegni, il danno economico e d’immagine che sarebbero conseguiti a un suo passo indietro, tanto che Tim ha dovuto, suo malgrado, resistere in quella posizione che tanto stretta gli stava per poi, nella sfera privata, sprofondare nella depressione più terribile che un ragazzino tanto giovane possa provare. Il mondo della “pillola blu” l’aveva assorbito al 100%.
Quando vidi per la prima volta i video delle sue canzoni, naturalmente, mi sembrò che stessero solo raccontando una storia, che rappresentassero un’allegoria. A posteriori, rivedendoli dopo la sua morte avvenuta per disperazione, mi rendo conto che dietro ad essi c’è un grido d’allarme, una richiesta di aiuto che nessuno, all’epoca, riuscì ad ascoltare.
Mi riferisco principalmente a:
Un impiegato d’ufficio, esasperato da una vita monotona e senza stimoli, con un’espressione attonita, comincia a ballare nel bel mezzo del posto di lavoro, scatenando la reazione schifata dei colleghi allineati con il sistema, tanto che perfino l’addetto alla sicurezza lo annichila con il taser, come se fosse pericoloso. Nella scena successiva, lo si ritrova legato alla branda dell’ospedale psichiatrico: gli spunta un fiore dalla bocca, simbolo evidente del fatto che ciò che lo animava non era pazzia, ma era la Verità, che finisce per insinuarsi dappertutto, per quanto si possa fare per impedirglielo; gli infermieri, incuriositi, toccano il fiore e ne vengono contagiati. Dopo un episodio di spasmi e convulsioni, iniziano a ballare esattamente come il protagonista nella prima parte del video, e così pure tutti coloro che entrano in contatto ravvicinato con queste persone. È il virus della verità che si espande irrefrenabile (magari fosse così anche per le vicende odierne, ma sorvoliamo). Il video termina con tutto l’ospedale psichiatrico che balla.
Anche in questo video il tema dominante è quello delle poche persone in possesso della Verità, o della Libertà, che si vedono disdegnate dalla massa dormiente come se fossero strane o pericolose. Fra di loro si riconoscono tramite un simbolo tatuato sui loro corpi (la stilizzazione del logo di Avicii): si uniscono e si ritrovano tutte insieme ad un concerto di Avicii, che appare in pochi frames, divertendosi e celebrando la gioia di vivere, mentre fuori dal loro mondo tutto rimane immerso nel conformismo e nell’apparenza. Anche il testo della canzone è abbastanza eloquente:
Feeling my way through the darkness
Guided by a beating heart
I can’t tell where the journey will end
But I know where to start
They tell me I’m too young to understand
They say I’m caught up in a dream
Well life will pass me by if I don’t open up my eyes
Well that’s fine by me
So wake me up when it’s all over
When I’m wiser and I’m older
All this time I was finding myself, and I
Didn’t know I was lost
So wake me up when it’s all over
When I’m wiser and I’m older
All this time I was finding myself, and I
Didn’t know I was lost
I tried carrying the weight of the world
But I only have two hands
Hope I get the chance to travel the world
But I don’t have any plans
Wish that I could stay forever this young
Not afraid to close my eyes
Life’s a game made for everyone
And love is a prize
So wake me up when it’s all over
When I’m wiser and I’m older
All this time I was finding myself, and I
Didn’t know I was lost
So wake me up when it’s all over
When I’m wiser and I’m older
All this time I was finding myself, and I
Didn’t know I was lost
Decisamente, Tim stava chiedendo aiuto e si sentiva imprigionato in quel mondo apparentemente dorato, ma in realtà freddo e crudele.
3) Avicii vs. Nicky Romero – I Could Be The One
Forse il video più intenso e crudele, per quanto mi riguarda. Ogni volta che lo vedo mi viene un groppo in gola, e lo avrò visto centinaia di volte… Sì, non mi vergogno ad ammettere che piango: sono una persona altamente sensibile e la sofferenza che ravviso in questo video mi entra dentro ogni sacrosanta volta.
Anche in questo caso lo scenario iniziale è quello di un ufficio, dove una ragazza “qualsiasi” è costretta a recarsi ogni giorno, sopportando la sveglia, la routine e i colleghi “da pillola blu” che la bullizzano, la disprezzano e ridono dei suoi difetti fisici. Il video è un continuo flashback e flashforward fra la realtà e la fantasia della protagonista, che ogni notte sogna una vita libera, in cui rompe tutte le regole, mangia quello che vuole, fa sesso con sconosciuti, si vendica a modo suo delle umiliazioni a cui viene quotidianamente sottoposta; in parole povere: si gode la vita.
Nella parte centrale del video la protagonista parla con una pischiatra e le racconta la sua frustrazione per il fatto di sentirsi “inserita in uno schema di vita superiore ordito da qualcun altro (master plan): scuola, lavoro fisso, mutuo…” fino a dichiarare: “Quello che sto facendo in realtà è ‘morire’”, per ricevere come risposta fredda dalla psichiatra: “ti prescrivo un po’ più di pastiglie”.
Il video prosegue con una dicotomia sempre più aspra fra il sogno e la realtà, fino al punto in cui la protagonista, esasperata, esplode: getta all’aria tutte le pratiche sospese, distrugge l’ufficio, insulta i suoi colleghi-manichini che la guardano con aria schifata e incredula, esce dallo stabile mentre fa una telefonata per prenotare un volo e, negli ultimi due metri che la separano dalla sua auto (la Libertà), viene uccisa da un furgone di passaggio (si noti nel video la scritta adesiva sul furgone: “2 LATE” (Troppo tardi). Nessuno mi toglie dalla testa che si tratti di un amaro presagio dello stesso Avicii che, probabilmente, già in cuor suo sapeva come sarebbe andata a finire la sua vita.
Anche in questo caso il testo, secondo me, è molto eloquente: a prima vista sembra parlare banalmente d’amore, ma io credo che invece sia rivolto a un’ipotetica persona che assiste a un suo concerto, chiedendole se le resterà un piccolo ricordo di lui, quando tutto sarà finito… se si soffermerà anche solo un momento a pensare che è stato lui a renderla felice per un attimo:
Do you think about me when you’re all alone?
The things we used to do, we used to be
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free
Do you think about me when the crowd is gone?
It used to be so easy, you and me
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free
When you need a way to beat the pressure down
When you need to find a way to breathe
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free
If you never see me when the crowd is gone
It used to be so easy, can’t you see?
I could be the one to make you feel that way
I could be the one to set you free
Anche nel documentario viene sottolineato come lo scopo di Avicii era comporre musica e farla arrivare alle persone, cercando di tessere un rapporto quasi personale con loro.
A distanza di anni, esaminando queste canzoni e il loro messaggio, e sentendo nella mia anima la disperazione di questo ragazzo che per noi, al tempo, non era altro che un produttore di musica di successo, quando invece chiedeva a gran voce di essere salvato, non posso che provare una gran pena. Per questo raccomando a me stesso in primis, a te che stai leggendo e a tutti coloro a cui possiamo far arrivare questo messaggio, di non sottovalutare mai la Libertà, di non accettare passivamente il mondo che ci vogliono imporre, ma di cercare sempre la Libertà, anche se ciò volesse dire perdere tutto e dover ricominciare da zero, cosa che Avicii non ha, purtroppo, avuto il coraggio di fare, fino a subirne le conseguenze più estreme.
Se davanti a te hai la possibilità di prendere la pillola rossa, prendila. Prendila, cazzo, non pensarci.