Nato a Udine nel 1973, trasferito a Palma de Mallorca nel 2008, [edit: tornato in Friuli (ma sulle Alpi) nel 2023]: una vita tra cambi, idee nuove, cadute, rialzamenti, periodi facili e meno facili, ma sempre con un valore insindacabile: la Libertà.
Una vita come tante altre: scuola, amici, relazioni sociali, amori, lavoro… ma.
So che non si chiude una frase con “ma”: per fortuna, se c’è un aspetto che mi contraddistingue è l’amore per le lingue e per quella italiana in particolare, quindi non dovrebbe essere difficile concludere che l’ho fatto come rafforzativo. Sapevate che mi piacciono anche le digressioni? Sì, ma sicuramente non ve ne eravate accorti :).
Detto questo, analizziamo questo benedetto “ma”: nella mia vita c’è sempre stato un elemento di “stranezza” (agli occhi altrui) che sottendeva una costante incapacità di accettare qualsiasi tipo di autorità o di costume imposto. Una regola mi stava (e mi sta anche adesso, n.d.A.) automaticamente stretta se a impormela era qualcun altro; un’opinione comune o una consuetudine hanno sempre scatenato in me la volontà di differenziarmi, se intuivo che l’adesione della massa ad esse avveniva non per convinzione ma per convenzione (per la serie: “quando una vocale cambia tutto”).
Non so quante relazioni ho troncato dopo aver constatato che si reggevano sull’autoreferenzialità invece che sulla condivisione di momenti, camminando insieme su binari paralleli con l’unico obiettivo di “stare bene”; non ce la posso fare, davvero… un senso come di soffocamento mi pervade ogni volta che percepisco che la controparte è focalizzata non sull’intraprendere un percorso semplice, vivendo e lasciando vivere, ma bensì su un suo film mentale, pieno di schemi tipo “tu dovresti (o non dovresti) essere/fare/dire/pensare”… e un lungo bla bla bla fatto di pesantezza, insicurezze, vittimismo e pretese. Dlin dlonnn: informazione di servizio: la vita è breve, cerchiamo di non dare troppo peso alle cose, non fare continuamente dietrologia, non prenderci troppo sul serio, non darci troppa importanza… riassumendo: di non “scartavetrare i marroni”; quello è il modo più semplice e rapido per perdermi. La mia serenità me la sono costruita con impegno negli anni ed è sacra, non si tocca. La condivido volentieri, ma solo con chi vibra alla mia stessa frequenza, altrimenti meglio solo. Davvero.
Sul lavoro il discorso è più o meno lo stesso: il semplice fatto di dover essere sul posto a quell’ora “perché sì” e non perché è operativamente opportuno mi fa venire la scabbia; ho fatto tutto il possibile per stare fuori da quel tritacarne, anche quando non sapevo esattamente cosa fare per mantenermi davvero: ho anche fatto la fame, con la luce tagliata durante tre settimane in inverno, e con quel poco di soldi che mi rimaneva ho nutrito la mia gatta (che non aveva colpa di niente) e per me ho comprato solo riso. Nonostante questo, ricordo più volentieri quel periodo e altri simili, rispetto a quelli passati con un orario imposto, svolgendo compiti imposti, aspettando il weekend e le ferie per sentirmi almeno un po’ vivo.
In definitiva: fatte salve le normali regole di buona condotta che rendono una persona classificabile come retta e capace di stare al mondo, nessuno mi dice cosa devo fare. Nessuno. Mi sembra di essere stato chiaro.
Quest’ampia introduzione è servita a inquadrare il contesto che mi fa concludere che la mia vita à stata, in fin dei conti, un continuo prendere pillole rosse, di diverse dimensioni e densità di principi attivi a seconda delle circostanze, ma sempre di pillole rosse si è trattato; non mi spaventa il cambiamento: nel cambiamento trovo l’energia per succhiare la vita fino al midollo; senza l’evoluzione non avrei senso io. Dall’altra parte vedo, purtroppo, tante persone che vorrebbero fare lo stesso ma pensano che si tratti di qualcosa di irraggiungibile, realizzabile solo con grandi capitali alle spalle, fattibile solo se hai una mentalità hippy (e cosa c’è di male? Anzi, adesso che ci penso, effettivamente mi sento molto hippy) e tanti pensieri limitanti che inibiscono la loro spinta vitale e le ricacciano in un’esistenza grigia, che sanno di non meritare ma non trovano il coraggio di cambiare.
Giunto a questo punto della mia vita e tirate le somme di cui sopra, ho pensato che, se c’è una cosa buona che posso fare, è fornire spunti a chi li vorrà recepire, affinché si familiarizzi con il concetto del cambiamento e capisca che è più semplice di quanto si pensi: basta iniziare.
Lo farò andando a cercare tante persone che lo hanno fatto, anche in modo radicale, e raccontandone (o riportandone) le storie, le sensazioni, i momenti di difficoltà, di frustrazione, di scoramento, ma anche la giusta e meritata soddisfazione derivante non dall’aver “vinto qualche cosa” (farò un articolo sulla competizione che ci inculcano fin da bambini, prometto) ma di star vivendo semplicemente come vogliono, come fa star loro bene, incuranti di giudizi e schemi sociali, svegliandosi ogni mattina in un nuovo giorno ricco di significato, non sentendosi parcheggiate in un’esistenza insipida, “aspettando la morte” (è cruda, ma passatemela).
E perché no, oltre alle loro storie racconterò anche le mie: passate, presenti ma soprattutto future, perché ne ho davvero tante, vissute e da vivere, e non c’è per me cosa più bella di condividerle.
Alex